Podiumsdiskussion in Schmitten: Familie und Beruf unter einen Hut bringen

Vereinbarkeit von Familie und Beruf- eine Illusion? Dieser Frage widmete sich vor lurzem eine Podiumsdiskussion in Schmitten, zu der das christlich-soziale Kartell (CSK) im Rahmen des jährlichen Forums eingeladen hatte. Die DisKussion zeigte: Es gibt noch viel zu tun.

«Was ist für Sie Fa­milie?» Mit dieser Frage leitete Mario Amacker, Präsident des christlich-sozialen Kartells (CSK) am vergangenen Mittwoch die Podiumsdiskussion in Schmit­ten ein. Philippe Gnaegi, Direk­tor von Pro Familia Schweiz, be­tonte, dass Familie heute ein anderes Konzept ist als vor 50 Jahren: «Heute gibt es eine Vielfalt von Familienformen. Und die Akzeptanz dieser Viel­falt ist sehr gross, insbesondere bei der jüngeren Generation.»

Marie-Louise Fries, Sozial­arbeiterin und Deutschlehre­rin beim Frauenraum in Frei­burg, ist alleinerziehende Mutter, ihre Eltern leben im Ausland: «Ich lebe mit meinem Sohn in einer Wohngemeinschaft. Meine Freunde sind auch meine Familie.».

Rossanna Savastano, Betriebs­leiterin der Tagesstrukturen Schmitten (TAS) und ebenfalls Mutter, hat italienische Wur­zeln und ist in einem traditio­nellen Familienmodell aufge­wachsen: «Für mich bedeutet Familie, dass man über ver­schiedene Generationen hin­weg sehr eng miteinander ver­bunden ist. Eine Art Lebens­gemeinschaft.»

Weiterlesen - ein Beitrag erschienen am 19.10.2022 in den Freiburger Nachrichten

Più di quattro madri su cinque sono attive sul mercato del lavoro

Nel 2021 l’82% delle madri in Svizzera erano attive dal punto di vista professionale. Questa elevata partecipazione al mercato del lavoro nella maggior parte dei casi avviene a tempo parziale. Dopo il primo parto, una madre attiva su nove ha lasciato il mercato del lavoro e la quota di lavoro parziale è raddoppiata. In Svizzera, la quota di madri attive sul mercato del lavoro era superiore alla media europea. Questi sono alcuni dei risultati tratti dalla pubblicazione relativa alle madri sul mercato del lavoro nel 2021 dell’Ufficio federale di statistica (UST).

Nel 2021 il tasso di attività delle madri (in questa sede si considerano come madri le donne dai 25 ai 54 anni con almeno un/a figlia/a di età inferiore ai 15 anni che vive nella stessa economia domestica) era dell’82,0%, in aumento di oltre 20 punti percentuali nell’arco di 30 anni (1991: 59,6%). Il tasso di attività dei padri si è mantenuto a un alto livello durante tutto il periodo in questione (1991: 98,9%; 2021: 96,9%), sebbene sia calato del 2%.

Tempo parziale: gradi di occupazione sempre più alti

Nel 2021, il 78,1% delle madri occupate lavoravano a tempo parziale (donne dai 25 ai 54 anni senza figli: 35,2%). Sempre più madri lavoravano con un elevato grado di occupazione: la quota delle madri con un grado dal 50 all’89% è passata dal 25,7% nel 1991 al 44,7% nel 2021, mentre quella delle madri con grado di occupazione inferiore al 50% è calata dal 51,3 al 33,4%.

Madri sempre più colpite dalla disoccupazione

Con un tasso di disoccupazione ai sensi dell’Ufficio internazionale del lavoro (ILO) pari al 5,6% nel 2021, le madri erano confrontate a questo problema più spesso delle loro coetanee senza figli (4,6%). Il tasso di disoccupazione era particolarmente elevato tra le madri di nazionalità straniera (11,4%; svizzere: 3,0%).

Una donna su nove abbandona il mercato del lavoro dopo il primo parto

Prima di diventare madri per la pima volta, il 90,0% delle donne erano attive (media degli anni dal 2016 al 2021). Dopo il primo parto e una volta terminato il congedo maternità, la quota di donne attive è diminuita di 9,8 punti, arrivando all’80,2%, il che significa che circa una madre su nove ha lasciato il mercato del lavoro. Dopo il secondo parto, il tasso di attività è calato di 7,1 punti percentuali, passando dal 76,6 al 69,4%. Subito prima di diventare madri, due donne occupate su cinque (40,1%; media degli anni dal 2016 al 2021) lavoravano a tempo parziale. Al ritorno dal congedo maternità, la loro quota raddoppia, attestandosi all’80,1%. Il forte aumento del lavoro a tempo parziale dopo il primo parto, determina un calo del tasso di occupazione medio dall’83 al 61%, il che equivale a 1,1 giorni lavorativi in meno alla settimana. In seguito al secondo parto, la quota di tempo parziale continua a crescere, sebbene più lentamente (l’83,5% prima del secondo parto; dopo: 87,8%).

I padri svizzeri lavorano più spesso a tempo parziale rispetto a quelli stranieri

L’arrivo di un/a primo/a figlio/a in un’economia domestica ha fatto aumentare la quota di padri che lavoravano a tempo parziale (dal 10,3 al 13,6%). La quota di lavoro a tempo parziale era più alta tra i padri di nazionalità svizzera (prima della nascita del/la primo/a figlio/a: 13,4%; dopo: 18,0%); con la nascita del/la secondo/a figlio/a la quota di tempo parziale raggiungeva addirittura il 23,5%. È invece rimasta bassa per i padri di nazionalità straniera, sia dopo la nascita del/la primo/a figlio/a (6,2% a tempo parziale) che dopo la nascita del/la secondo/a (10,1%).

In media si rimane cinque anni fuori dal mercato del lavoro

Prima di rientrare nel mercato del lavoro, le madri che avevano lasciato la loro attività lavorativa ne sono rimaste fuori in media cinque anni. Solo l’8,5% delle madri aveva ripreso a lavorare a tempo pieno. Il grado di occupazione medio era del 36%, una percentuale inferiore a quella delle madri che non avevano abbandonato il mercato del lavoro (grado di occupazione del 61% dopo il primo parto).

Attività professionale delle madri nel raffronto europeo

Confrontando la Svizzera con i Paesi dell’UE, il tasso di occupazione delle madri con figlio/a più giovane di meno di 6 anni era in ottava posizione (74,9%), a nove punti da quello più elevato registrato in Portogallo (83,6%), ma 8 punti percentuali al di sopra della media UE (67,0%). Tra le madri con figlio/a più giovane dai 6 agli 11 anni, scende in 17ª posizione (78,2%), a 12 punti dal tasso più alto registrato in Cechia (90,0%) e 3 punti al di sopra della media dell’UE (74,9%).

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Aumento delle nascite e ingrandimento delle famiglie nel 2021

Nel 2021, è stato registrato un totale di 89 600 nati vivi, tre quarti dei quali nati da donne di 30 anni o più. L’aumento delle nascite a partire dal secondo figlio, inoltre, è stato più marcato rispetto a quello delle nascite del primo. Nello stesso anno, circa tre bambini su dieci sono nati al di fuori del matrimonio. Parallelamente, è stata anche osservata una progressione dei matrimoni e dei divorzi come pure una diminuzione delle unioni domestiche registrate e di quelle sciolte. Inoltre, nel 2021 vi sono stati meno decessi che nel 2020. Lo rivelano i risultati definitivi della statistica del movimento naturale della popolazione realizzata dall’Ufficio federale di statistica (UST) per il 2021.

I risultati definitivi per il 2021 della statistica del movimento naturale della popolazione hanno confermato l’evoluzione delineatasi nelle cifre provvisorie dello scorso mese di aprile e offrono un ventaglio più ampio di informazioni su nascite, decessi, matrimoni e divorzi. 

Le famiglie si ingrandiscono

Nel 2021 la Svizzera ha registrato 89 600 nati vivi, 3700 o il 4,3% in più rispetto al 2020 (+3500 o +4,0% rispetto al 2019). Da gennaio ad aprile sono state registrate 1100 nascite in più rispetto allo stesso periodo del 2020 (+4,1%) e da settembre a dicembre 1800 in più rispetto al corrispondente periodo del 2020 (+6,4%). Si noti che anche i valori registrati in questi mesi del 2021 sono superiori a quelli dei rispettivi periodi del 2018 e del 2019.

Le nascite da donne di età pari o superiore a 30 anni sono aumentate del 6,6% rispetto al 2020, mentre quelle da donne di meno di 30 anni sono diminuite (–1,7%). L’aumento delle nascite del secondo figlio o di quelli successivi, inoltre, è stato più marcato di quello delle nascite del primo (risp. +5,9% e +2,7%). Nel 2021 il numero medio di figli per donna si è attestato provvisoriamente a 1,52 contro 1,46 nel 2020 (1,48 nel 2019). 

I nati vivi venuti al mondo all’interno di un matrimonio ammontavano a 64 100, ovvero il 3,1% in più rispetto al 2020. Quelli nati al di fuori del matrimonio si attestavano a 25 500, pari a una progressione del 7,5% rispetto all’anno precedente. La loro proporzione rispetto al totale dei nati vivi ammontava al 28,5% nel 2021 contro l’11,2% nel 2001. I riconoscimenti di paternità, legati alle nascite extramatrimoniali, registrati nel 2021 sono stati 24 700, il che equivale a una progressione del 10,3%. Una variazione del genere non era stata osservata sin dal 2007. I riconoscimenti che hanno avuto luogo prima della nascita sono aumentati del 4,7%, mentre quelli dichiarati dopo la nascita sono aumentati del 21,0%.

Il numero di decessi, seppure in calo, rimane alto

Seppure meno funesto del 2020, il 2021 ha presentato un numero di decessi nettamente più alto di quello del 2019 (+3400 o +5,0% rispetto al 2019). Nel 2021 sono decedute 71 200 persone, ovvero 5000 o il 6,6% in meno rispetto all’anno precedente. Nei mesi di gennaio, luglio, agosto e settembre 2021, la Svizzera ha registrato più decessi rispetto al 2020. Nel gennaio 2021 ci sono stati quasi 1700 decessi in più rispetto allo stesso periodo del 2020 (+28,0%). Da luglio a settembre se ne sono riscontrati 600 in più rispetto agli stessi mesi del 2020, corrispondenti a un aumento del 3,9%. I valori registrati in questi mesi sono anche superiori a quelli registrati negli stessi periodi del 2018 e del 2019.

Nel 2021 il numero di decessi è diminuito in diverse fasce d’età, in particolare tra le persone di 70 anni o più, per le quali il calo è stato dell’8,3% rispetto al 2020. Tuttavia, si è registrato un aumento del numero di decessi tra le persone dai 20 ai 29 anni (+1,2%), dai 50 ai 59 anni (+2,7%) e dai 60 ai 69 anni (+4,2%). 

Matrimoni in aumento e unioni domestiche in calo

Nel 2021 sono state celebrate 36 400 unioni, ovvero il 3,6% in più rispetto al 2020 (–6,6% rispetto al 2019). 26 800 di queste unioni sono avvenute tra celibi e nubili, ossia erano prime nozze. Nel 2021 l’età media degli uomini al primo matrimonio è rimasta stabile a 32,2 anni. Quella delle donne è aumentata leggermente, passando da 30,2 anni nel 2020 a 30,3 nel 2021. Oltre alle prime nozze, sono state rilevate 9600 seconde nozze o ulteriori. Rispetto al 2020, entrambi i tipi di unione sono aumentati, con un +4,1% di prime nozze e un +2,0% di seconde nozze o ulteriori. Rispetto al 2019, erano invece in calo (risp. –4,7% e –11,5%). 

L’andamento delle unioni domestiche registrate è in calo dal 2018. Nel 2021 se ne sono contate 582, ovvero 69 in meno rispetto al 2020 (–10,6%). Il numero delle coppie di uomini (361) che hanno scelto questa via è rimasto maggiore rispetto a quello delle donne (221). 

Più divorzi, in particolare nel primo semestre 2021

Nel 2021 i giudici hanno pronunciato 17 200 divorzi, che corrispondono a un aumento del 5,9% rispetto all’anno precedente (+1,6% rispetto al 2019). Sono aumentati soprattutto nel primo semestre del 2021, più precisamente con un incremento di 1500 casi, pari al 18,7% in più rispetto al 2020. È interessante notare che il numero di sentenze di divorzio nel primo semestre 2021 ha superato anche quelli del 2018 e del 2019. Il numero di divorzi pronunciati nel secondo semestre 2021 è simile a quello del 2018 e del 2019.

Rispetto al 2020, si è registrato un calo del numero di divorzi tra le persone che si sono sposate da poco (da 0 a 4 anni; –6,7%), e un aumento tra quelle sposate da più tempo (da 5 a 9 anni, +3,9%; da 10 a 14 anni, +12,0%; da 15 a 19 anni, +10,5%; da 20 anni o più, +5,7%). A titolo di confronto, le cifre del 2019 mostravano una tendenza simile, cioè che i divorzi nei primi anni di matrimonio erano diminuiti (da 0 a 9 anni, –6,9%), mentre erano aumentati per le coppie sposate da 10 anni o più (+6,2%). Di conseguenza, la durata media del matrimonio al momento del divorzio è aumentata leggermente da 15,6 anni nel 2020 a 15,7 anni nel 2021. Se il comportamento osservato nel 2021 rimarrà invariato in futuro, si stima provvisoriamente che due matrimoni su cinque (41,9%) potrebbero un giorno finire con un divorzio. 

Il numero di unioni domestiche sciolte era in costante aumento dal 2007. Rispetto al 2020, il numero di unioni domestiche sciolte (211) è però diminuito dello 0,5% (–1 caso). Mentre il numero di unioni domestiche sciolte è diminuito tra le coppie di donne, è invece aumentato tra quelle di uomini (risp. –6,8% e +4,0%).

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Work-family trajectories: mothers working full time are the most satisfied

In Switzerland, the most common career path for women is a return to part-time work after maternity. However, this choice proves to be disadvantageous in the long run in terms of subjective well-being. The new issue of the Social Change in Switzerland series shows that the most satisfied women after 50 years of age are those who have had children and continued to work for more than 90%. For men, a stable full-time job and a traditional family are the best guarantees of well-being. Read more

Peggioramento delle disuguaglianze di genere durante la pandemia: Studio e raccomandazioni della Commissione federale per le questioni femminili CFQF

Il picco della pandemia da COVID-19 è alle spalle e ad aprile la «situazione particolare» è stata revocata. È tempo di tracciare un bilancio anche dalla prospettiva di genere. La Commissione federale per le questioni femminili CFQF ha sottoposto le restrizioni e le misure di aiuto della Confederazione a un’analisi di genere e ha formulato raccomandazioni.

Già all'inizio della pandemia è parso evidente che la crisi non colpiva donne e uomini allo stesso modo. Da un giorno all'altro, settori professionali con un'elevata quota femminile tra cui quello delle cure o dell'accudimento dei bambini sono stati riconosciuti come essenziali. La chiusura delle scuole e l'obbligo del telelavoro hanno messa a dura prova l'organizzazione delle famiglie. In questa situazione, la Commissione federale per le questioni femminili CFQF ha incaricato il Büro BASS di effettuare un'analisi dell'impatto di genere per stabilire quali effetti hanno avuto le misure di protezione e gli aiuti della Confederazione sulla vita professionale e familiare, come ha inciso la pandemia sull'occupazione, sul reddito e sulla ripartizione delle mansioni familiari, e se donne e uomini hanno usufruito in ugual misura degli aiuti della Confederazione. Lo studio «Genderspezifische Effekte der staatlichen Massnahmen zur Bekämpfung des Coronavirus Covid-19» [Effetti di genere delle misure statali per combattere il COVID-19] dà una risposta a tutti questi interrogativi. L'obiettivo è quello di trarre insegnamenti e formulare raccomandazioni in vista di future crisi.

Le misure anti COVID-19 hanno rafforzato squilibri di genere esistenti
L'analisi si è concentrata dapprima sull'impatto delle misure restrittive come la chiusura degli asili nido e delle scuole o l'obbligo del telelavoro sugli uomini e sulle donne. Come in altri Paesi, anche in Svizzera la chiusura delle strutture per la custodia extra-familiare dei figli e degli istituti di formazione ha rafforzato la ripartizione di genere del lavoro. Le donne si sono fatte maggiormente carico dell'accudimento dei bambini e hanno ridotto la loro attività professionale. Inoltre, l'obbligo del telelavoro ha in parte acuito i conflitti legati alla conciliabilità soprattutto laddove le condizioni quadro dell'home office non erano regolamentate e bisognava nel contempo occuparsi dei figli.

I perdenti della pandemia sono le donne con i gradi di occupazione più bassi, le economie domestiche con redditi bassi e il personale domestico
In Svizzera, grazie alla buona situazione economica e alla pronta decisione della Confederazione di erogare aiuti finanziari, è stato possibile mantenere molti posti di lavoro. Tuttavia, in alcuni settori l'occupazione è sensibilmente diminuita. Tra quelli più colpiti vi è il settore alberghiero e della ristorazione. Il calo più importante del volume di lavoro è stato rilevato tra le donne con gradi di occupazione inferiori al metà tempo. Agli aiuti finanziari si deve anche il fatto che il livello generale dei salari non sia sceso. Ciò nonostante, analisi approfondite mostrano che nelle fasce di reddito più basse la situazione è peggiorata. Soprattutto le economie domestiche con redditi bassi e pertanto un numero sproporzionato di donne hanno guadagnato meno. L'analisi dei flussi di fondi statali mostra inoltre che alle aziende del settore «altri servizi», che comprende servizi alla persona come parrucchieri e saloni di bellezza con una quota femminile elevata, sono giunti meno aiuti del previsto sotto forma di
indennità per lavoro ridotto e aiuti finanziari. Gli indipendenti avevano a disposizione le indennità per perdita di guadagno Corona, ma è probabile che non tutti quelli a tempo parziale abbiano soddisfatto la condizione del reddito minimo richiesto e che quindi non abbiano potuto accedere agli aiuti. Ma la crisi del COVID-19 ha creato precarietà innanzitutto tra i dipendenti completamente esclusi dagli aiuti messi in campo, in particolare tra il personale domestico costituito per quasi il 90 per cento da donne, spesso con un reddito molto basso e uno status di soggiorno incerto. Seb­bene durante la pandemia facessero parte dei gruppi particolarmente vulnerabili, queste donne non hanno ottenuto alcun aiuto e sono state semplicemente indirizzate all'assicurazione contro la disoccupazione.

Mancano dati essenziali
Nella gestione della pandemia si è ancora una volta persa l'occasione di rilevare dati di genere a partire dall'inizio. Per esempio, nel lavoro ridotto, che con 13 miliardi di franchi spesi al 2021 è stata la principale misura di aiuto della Confederazione, ancora oggi non sappiamo esattamente quante donne e quanti uomini abbiano ricevuto fondi. Ciò rende difficile non solo l'analisi ma anche ricavarne misure di genere e
insegnamenti per future crisi.

L'uguaglianza rende la società più resiliente
Se le misure per lottare contro la pandemia hanno acuito le disuguaglianze di genere ciò è in gran parte dovuto al fatto che sono state adottate in un contesto di squilibri già esistenti. È ora giunto il momento di stabilire un buon equilibrio nel rapporto tra i generi. Le raccomandazioni della CFQF intendono fornire un contributo in tal senso, nella convinzione che più una società è egualitaria, più è resiliente anche alle crisi.

Oltre ad avanzare richieste specifiche, la CFQF ritiene in linea di principio che la Confederazione abbia il dovere di far progredire l'uguaglianza di genere, di coinvolgere specialisti di politica della parità sin dall'inizio di una crisi nonché di rilevare e valutare dati disaggregati per genere.

Conclusioni e raccomandazioni a colpo d'occhio
1 La chiusura degli asili nido e delle scuole pregiudica l'integrazione delle madri nel mercato del lavoro
Potenziare le strutture per la custodia dei figli complementare alla famiglia e parascolastica nonché il loro finanziamento da parte dello Stato e mantenerle operative durante le crisi

2 L'obbligo del telelavoro può acuire i conflitti legati alla conciliabilità
Definire condizioni quadro per il telelavoro e ripartire il lavoro di cura in modo egualitario

3 Evoluzione dell'occupazione: colpiti in particolare i dipendenti a tempo parziale
Rafforzare l'integrazione delle donne nel mercato del lavoro e introdurre il diritto dei genitori di ridurre il grado di occupazione alla nascita di un figlio e di riportarlo al livello originario in un secondo momento

4 Evoluzione del reddito: colpiti in particolare i dipendenti a basso salario  
a) Promuovere in modo mirato la riqualificazione delle donne
b) Valorizzare il lavoro a basso salario e garantire una migliore protezione salariale in caso di crisi

5 Accesso alle misure di aiuto: i servizi alla persona sono sottorappresentati
Tenere conto delle esigenze delle piccole imprese nei settori tipicamente femminili

6 Lacune nella rete di sicurezza: personale domestico
Offrire un aiuto specifico al personale domestico

7 Efficacia delle indennità per lavoro ridotto: mancano dati essenziali
Raccogliere e valutare dati specifici di genere

8 Durante la pandemia le disuguaglianze di genere si sono acuite
Progettare le misure di intervento in caso di crisi nel rispetto del genere

9 Le misure statali intervengono su squilibri già esistenti
Rafforzare la resilienza dell'economia e della società con più uguaglianza

Studio
Heidi Stutz, Severin Bischof e Lena Liechti: Genderspezifische Effekte der staatlichen Massnahmen zur Bekämpfung des Coronavirus Covid-19 [Effetti di genere delle misure statali per combattere il COVID-19], Büro für arbeits- und sozialpolitische Studien BASS, Berna, maggio 2022, XXI,107p.

Raccomandazioni
Commissione federale per le questioni femminili CFQF: Raccomandazioni relative allo studio «Effetti di genere delle misure statali per combattere il COVID-19», maggio 2022.

Saperne di piû

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