Nomi dei neonati, nomi e cognomi della popolazione in Svizzera nel 2023

Nomi dei neonati: Mia e Noah di nuovo in testa della classifica

Nel 2023, i nomi di battesimo più popolari per i neonati in Svizzera sono stati Noah, Liam e Matteo; Mia, Emma e Sofia quelli per le neonate. Il nome maschile Noah, che era già il più popolare nel 2010, 2011, dal 2013 al 2017, nel 2021 e 2022, ha mantenuto la prima posizione anche nel 2023. Per quanto riguarda le neonate, il nome Mia è rimasto al primo posto, davanti a Emma. Mia era già stato il nome più diffuso nel 2013, 2015, 2016 e dal 2019 al 2021.  

I nomi Vera per le ragazze e Kiyan per i ragazzi sono quelli che hanno guadagnato più posizioni nella classifica dei preferiti. Ne hanno guadagnate rispettivamente 114 e 168 tra il 2022 e il 2023. Nello stesso periodo, il nome femminile di Thea e quello maschile di Maxime presentano la perdita di consensi più vertiginosa, in calo rispettivamente di 63 e 68 posizioni. E per concludere, Amaya, Lily, James e Jaro appaiono nella top 100 dei nomi dei neonati per la prima volta. 

Grande varietà di cognomi

Il cognome più comune nella popolazione residente permanente della Svizzera è Müller, seguito da Meier e Schmid. Tuttavia, con 53 170 persone, i Müller (Meier: 32 657 persone, Schmid: 30 332 persone) rappresentano solo lo 0,6% della popolazione totale della Svizzera (8,96 milioni). La varietà di nomi in Svizzera è enorme, con un totale di oltre mezzo milione di cognomi diversi, fermo restando che le diverse grafie sono contate separatamente. Questo fa di Müller il cognome più diffuso nella Svizzera tedesca (49 137 persone). Il cognome più diffuso nella Svizzera francese è da Silva (10 287 persone), nella Svizzera italiana Bernasconi (2250 persone) e nella Svizzera romancia Caduff (230 persone). 

Nomi di battesimo della popolazione: differenze secondo le generazioni

Nel 2023 i nomi di battesimo più comuni della popolazione residente permanente della Svizzera erano Daniel e Maria. Se si osserva la serie anno per anno, si palesano le preferenze nel corso del tempo. Tra le persone nate nel 1963, al primo posto per gli uomini c'è Daniel e per le donne Maria. Daniel e Sandra guidano la classifica dei nati nel 1983 e Luca e Laura quella dei nati nel 2003. 

https://babynames-stat.ch/it/index.html

Il DFF adegua le tariffe fiscali e le deduzioni al rincaro: Aumento della detrazione per figli e per persone bisognose

Per compensare gli effetti della progressione a freddo, il Dipartimento federale delle finanze (DFF) adegua ogni anno le tariffe e le deduzioni in ambito di imposta federale diretta. Gli adeguamenti più recenti riguardano l’anno fiscale 2025.

Il rincaro cumulato dall'ultima compensazione della progressione a freddo nel 2024 ammonta all'1,31 per cento. L'adeguamento si applica a partire dall'anno fiscale 2025 e sarà rilevante per la prima volta nella dichiarazione d'imposta 2026.

Grazie all'adeguamento prescritto per legge, i contribuenti non devono sopportare un onere fiscale maggiore a causa del rincaro, qualora il loro potere d'acquisto rimanesse invariato. A partire dall'anno fiscale 2025 le deduzioni per figli e per persone bisognose verranno aumentate a 6800 franchi ciascuna (finora fr. 6700.-). Inoltre, le persone in formazione potranno dedurre 100 franchi in più (al massimo fr. 13 000.-) per le spese di formazione e formazione continua professionali.

La compensazione della progressione a freddo determina un adeguamento delle singole fasce tariffarie. I coniugi dovranno pagare le imposte soltanto se realizzano un reddito imponibile di almeno 29 700 franchi (finora fr. 29 300.-). L'aliquota massima sarà raggiunta a partire da un reddito imponibile di 940 900 franchi (finora fr. 928 700.-).

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Forte crescita demografica in Svizzera nel 2023

Il 31 dicembre 2023 la popolazione residente permanente della Svizzera contava 8 962 300 persone, ovvero l'1,7% in più del 2022. Si tratta dell'incremento demografico più marcato registrato dall'inizio degli Anni "60. Tra il 2022 e il 2023, l'andamento delle immigrazioni è stato in forte rialzo, soprattutto a causa dell'inclusione nel conteggio delle persone provenienti dall'Ucraina con statuto di protezione S. Nel contempo l'invecchiamento demografico ha proseguito il suo corso. Sono questi i risultati definitivi della statistica della popolazione e delle economie domestiche dell'Ufficio federale di statistica (UST).

I risultati definitivi confermano le tendenze osservate quando sono stati pubblicati i dati provvisori nell'aprile 2024: alla fine del 2023, la popolazione residente permanente in Svizzera ammontava a oltre 8,9 milioni. Nel corso dell'anno è aumentata di 146 900 persone (+1,7%), quasi del doppio rispetto al 2022 (+0,9%). Questo netto aumento si spiega in parte con l'inclusione nella popolazione residente permanente delle persone provenienti dall'Ucraina con lo statuto di protezione S, dopo un anno di residenza in Svizzera. Se non fossero state considerate le persone provenienti dall'Ucraina, la crescita della popolazione si sarebbe attestata al +1,1%.

Crescita demografica sostenuta

La crescita demografica del 2023 è quella più consistente dall'inizio degli Anni "60. La Svizzera conta 8 962 300 abitanti, 6 545 000 dei quali sono di nazionalità svizzera (73%) e 2 417 300 di nazionalità straniera (27%). Tra il 2022 e il 2023 la popolazione svizzera è cresciuta di 25 600 persone, pari al +0,4%. La popolazione residente permanente straniera ha segnato un aumento del 5,3%, ovvero di 121 300 persone; nel 2023, 59 500 di queste erano di nazionalità ucraina (7600 nel 2022). Costituiscono il 2,5% della popolazione straniera attualmente sono la nona nazionalità maggiormente rappresentata nella popolazione residente permanente straniera in Svizzera (2022: 39° posto). Rispetto al 2022, il Vallese nel 2023 ha presentato la crescita demografica più marcata (+2,4%), seguito da Sciaffusa e Argovia (+2,2% ciascuno). Vaud è il Cantone in cui la popolazione svizzera è cresciuta di più (+1,2%). I Cantoni di Uri (+549; +10,8%), del Vallese (+7376; +8,7%) e di Appenzello Interno (+160; +8,4%) hanno registrato i maggiori tassi di crescita della popolazione straniera.

Immigrazione formata in buona parte da persone di nazionalità ucraina

Le immigrazioni costituiscono il principale fattore dello sviluppo demografico. Nel 2023 la Svizzera ha registrato 263 100 immigrazioni, 22 000 delle quali da parte di persone di nazionalità svizzera e 241 000 di nazionalità straniera. Le emigrazioni, invece, hanno raggiunto quota 124 000 persone, 30 700 delle quali di nazionalità svizzera e 93 300 straniera. Rispetto al 2022, le immigrazioni e le emigrazioni sono quindi aumentate rispettivamente del +37,8 e del +1,5%. Dal punto di vista della nazionalità, il gruppo più numeroso che è entrato a far parte della popolazione residente permanente in Svizzera nel 2023 è quello delle persone di nazionalità ucraina (19,6%). In questo caso specifico, si tratta di un cambiamento del tipo di popolazione, che scatta dopo un anno di residenza in Svizzera (v. la definizione di popolazione permanente in fondo al presente comunicato stampa). Le altre comunità maggiormente rappresentate nei flussi migratori verso la Svizzera nel 2023 sono state quella tedesca (10,0%), quella svizzera (8,4%), quella francese (7,6%) e quella italiana (7,5%). In termini di emigrazione, le persone di nazionalità tedesca (9,4%), portoghese (8,4%), italiana (8,0%) e francese (7,5%) sono state quelle più numerose a lasciare il Paese nel 2023. Sempre nel 2023, il saldo migratorio internazionale (differenza tra immigrazioni ed emigrazioni) è stato quello più elevato mai registrato in Svizzera. È passato da 68 800 nel 2022 a 139 100 nel 2023 (+102,3%). A questo saldo elevato è riconducibile all'incirca il 95% della crescita demografica osservata nel 2023 (contro il 90% del 2022). Il resto (ca. il 5%) corrisponde all'incremento naturale, cioè la differenza tra le nascite e i decessi. Nel 2023 tutti i Cantoni registrano un saldo migratorio internazionale positivo, con Giura, Basilea Campagna e Appenzello Interno che segnano la maggiore variazione percentuale rispetto al 2022. 

Prosegue l'invecchiamento demografico 

In Svizzera, la popolazione continua a invecchiare. Il numero di persone anziane (65 anni o più) è passato da 1 691 600 nel 2022 a 1 730 300 nel 2023 (il +2,3% contro il +1,8% dell'anno precedente). Rispetto al 2022, il loro numero è aumentato in tutti i Cantoni, con un incremento di oltre il 3% nei Cantoni di Obvaldo, Friburgo, Svitto, Turgovia e Uri. Nel 2023 si contavano 503 600 persone di 80 anni o più, contro 485 600 nel 2022 (+3,7%). L'andamento è stato positivo in tutti i Cantoni, con aumenti particolarmente marcati in quelli di Obvaldo, Friburgo e Nidvaldo (di oltre il 5%). La Svizzera contava anche diversi centenari: nel 2023 erano 2086, contro i 1948 nel 2022 (+7,1%). All'interno di questa popolazione che invecchia, nel 2023 circa una persona su cinque aveva più di 64 anni (risp. 948 300 donne e 782 000 uomini). Più alta è l'età, maggiore è la percentuale di donne. Le donne sono infatti cinque volte più numerose degli uomini tra le persone centenarie (risp. 1708 e 378 persone).

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Formule errate nel programma di calcolo: l’UFAS rettifica le prospettive finanziarie dell’AVS

Nell’ambito di lavori di controllo, l’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (UFAS) ha constatato che nelle prospettive finanziarie dell’AVS le uscite dell’assicurazione registrano nel lungo periodo valori elevati non plausibili. Questo è dovuto a due formule errate nel programma di calcolo. Nel 2033 le uscite dell’AVS dovrebbero risultare inferiori di circa 4 miliardi di franchi, ovvero del 6 per cento, rispetto a quanto calcolato in precedenza. Il deficit di ripartizione crescerà fino al 2033 a circa 4 miliardi di franchi (stime precedenti: oltre 7 mia.). L’UFAS ha subito elaborato due modelli di calcolo alternativi e incaricato due istituti di ricerca di sviluppare ciascuno un proprio modello entro la fine di agosto. Questi modelli permetteranno di convalidare le prospettive finanziarie rielaborate, che verranno pubblicate in settembre.

Nell’ambito di lavori di controllo, l’UFAS ha rilevato nel programma di calcolo per le prospettive finanziarie dell’AVS due formule matematiche che sul lungo periodo hanno determinato valori non plausibili per le uscite dell’assicurazione. Gli effetti delle due formule si rafforzano a vicenda, cosicché le uscite crescono in misura maggiore di quanto si possa realisticamente ipotizzare. Di conseguenza la proiezione della futura evoluzione finanziaria dell’AVS risulta troppo negativa.

Immediata nuova stima delle uscite dell’AVS da parte dell’UFAS

Dopo che alla fine di maggio sono state individuate la causa e l’entità approssimativa dei risultati non plausibili, l’UFAS ha reagito immediatamente. Per stimare nuovamente le uscite dell’AVS per i prossimi dieci anni, alla fine di giugno ha proceduto allo sviluppo di due modelli alternativi e, in base alle uscite degli anni scorsi, testato con successo le relative capacità di proiezione. Nel contempo, ha incaricato due istituti di ricerca di sviluppare ciascuno entro la fine di agosto un proprio modello per le future uscite dell’AVS. I calcoli dei due istituti esterni permetteranno di convalidare i nuovi modelli di calcolo dell’UFAS. In settembre l’UFAS pubblicherà le nuove prospettive finanziarie dell’AVS rettificate.

Variazione delle uscite e del risultato di ripartizione

Dai due modelli di calcolo elaborati internamente è risultato che le uscite dell’AVS divergono da quelle delle proiezioni precedenti soprattutto nel medio e lungo periodo. Nel 2026, quando sarà introdotta la 13a rendita di vecchiaia, le uscite dell’AVS dovrebbero essere pari a circa 57 miliardi di franchi (ai prezzi del 2023), come ipotizzato in precedenza. Nel 2028 sarebbero presumibilmente inferiori di circa 1 miliardo di franchi, il che corrisponde a uno scarto dell’1,5 per cento rispetto ai calcoli precedenti. La stima per il 2030 sarebbe troppo elevata di circa 2 miliardi (3 %) e fino al 2033 lo scarto per eccesso aumenterebbe a circa 4 miliardi di franchi, ovvero a circa il 6 per cento. Conformemente alle proiezioni precedenti, con l’introduzione della 13a rendita di vecchiaia il risultato di ripartizione (ovvero la differenza tra le entrate e le uscite, senza i rendimenti attesi degli investimenti) diventerà negativo a partire dal 2026. I deficit attesi sono però inferiori. Il deficit di ripartizione crescerà fino al 2030 a circa 2 miliardi di franchi (stime precedenti: quasi 4 mia.) e fino al 2033 a circa 4 miliardi di franchi (stime precedenti: oltre 7 mia.). Le minori uscite dell’AVS incideranno anche sul contributo della Confederazione: considerando il periodo 2026–2033 e mantenendo l’attuale quota del 20,2 per cento, risulta un importo inferiore di circa 2,5–3 miliardi di franchi (ai prezzi del 2023).

Ripercussioni sull’attuazione e sul finanziamento della 13a rendita di vecchiaia

La rettifica delle prospettive finanziarie incide in misura pressoché nulla sulle spese derivanti dalla 13a rendita di vecchiaia. In base ai nuovi calcoli, queste ammonteranno a circa 4,2 miliardi di franchi nel 2026 e a quasi 5 miliardi nel 2030. La procedura di consultazione concernente l’attuazione e il finanziamento della 13a rendita di vecchiaia si è conclusa il 5 luglio 2024 e al momento è in corso l’analisi dei pareri pervenuti. Il Consiglio federale deciderà a breve i prossimi passi al riguardo.

Correzione del complesso programma di calcolo

Il programma di calcolo per le prospettive finanziarie ha permesso finora di ottenere proiezioni molto dettagliate quale base per decisioni politiche e negli ultimi anni è cresciuto a più di 70 000 righe di codice di programma. Data la sua complessità, occorrono diversi mesi per correggerlo in modo che sia pronto a un nuovo utilizzo. Fino ad allora, le misure prese dall’UFAS consentiranno comunque di riprendere in tempi brevi a elaborare prospettive finanziarie con modelli di calcolo solidi. Le prospettive finanziarie dell’AVS vengono aggiornate almeno una volta all’anno, in modo da integrare nuovi fattori esogeni (p. es. rincaro, evoluzione dei salari, fattori demografici, indicatori del mercato del lavoro). Dal 2012 le proiezioni dell’UFAS sono sempre state attendibili: confrontando i valori proiettati e quelli realizzati non emergono stime sistematicamente errate per eccesso o per difetto.

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Oltre otto miliardi di ore lavorate nel 2023

Nel 2023, il numero totale di ore lavorate in ambito professionale in Svizzera ha raggiunto quota 8,106 miliardi, con un incremento dell'1,8% rispetto all'anno precedente. Tra il 2018 e il 2023 la durata settimanale effettiva di lavoro dei dipendenti a tempo pieno è diminuita mediamente di 46 minuti, attestandosi a 40 ore e 12 minuti. È quanto emerge dagli ultimi risultati dell'Ufficio federale di statistica (UST).

Secondo la statistica del volume di lavoro (SVOL) realizzata dall'UST, nel 2023 il numero totale di ore lavorate da tutte le persone occupate in Svizzera è aumentato dell'1,8% rispetto all'anno precedente. Eppure nel 2023 i giorni festivi caduti durante la settimana, dal lunedì al venerdì, erano di più che nel 2022. Senza questo effetto, il volume di lavoro sarebbe aumentato ancora di più (+2,8%), per via dell'aumento del numero di impieghi (+2,6%) e della durata settimanale effettiva di lavoro per impiego (+0,2%).

Calo della durata effettiva di lavoro dei dipendenti nell'arco di cinque anni

Tra il 2018 e il 2023, la durata settimanale effettiva del lavoro dei dipendenti a tempo pieno (tolti quelli proprietari della loro impresa) si è ridotta di 46 minuti, attestandosi a 40 ore e 12 minuti. Questo si spiega con una contrazione della durata settimanale contrattuale di lavoro (-9 min., pari a 41 ore e 43 min.), un calo della durata settimanale di lavoro straordinario (-15 min., pari a 40 min.) e a un aumento della durata settimanale delle assenze (+22 min., pari a 2 ore e 11 min.). Nello stesso periodo il numero di settimane di ferie è aumentato di 0,3 giorni, raggiungendo 5,2 settimane all'anno. Nel 2023 i dipendenti dai 20 ai 49 anni dispongono di 5,0 settimane di ferie contro le 5,5 dei dipendenti dai 15 ai 19 anni e le 5,6 di quelli dai 50 ai 64 anni.

Più di 44 ore settimanali nel settore primario

I dipendenti a tempo pieno del settore primario sono quelli che presentano il carico di lavoro settimanale più elevato (durata effettiva di 44 ore e 23 min.). Seguono nell'ordine i rami «Attività finanziarie e assicurative» (41 ore e 17 min.), «Attività artistiche, di intrattenimento, presso economie domestiche, altro» (40 ore e 51 min.) e «Attività professionali, scientifiche e tecniche» (40 ore e 45 min.). La durata effettiva più corta è stata registrata nel ramo «Costruzioni», con 39 ore e 42 minuti.

Oltre sette giorni di assenze per motivi di salute 

Le assenze per motivi di salute (malattia o infortunio) rappresentano la quota più significativa (2023: 64%) del volume annuale di assenze dei dipendenti. Tra il 2022 e il 2023 il numero annuo medio di giorni di assenza dei dipendenti a tempo pieno per motivi di salute è passato da 9,3 a 7,6 giorni all'anno per ogni impiego. Nel 2023 le durate di assenza più basse sono state osservate nei rami seguenti: «Servizi di informazione e comunicazione» (5,9 giorni), «Attività finanziarie e assicurative» e «Attività artistiche, di intrattenimento, presso economie domestiche, altro» (6,0 per entrambi i rami). Le assenze più lunghe si osservano nei rami «Agricoltura, silvicoltura e pesca» (11,6) e «Attività immobiliari e attività amministrative e di servizi di supporto» (9,4).

Raffronti internazionali molto diversi

Per poter effettuare raffronti sul piano internazionale, il metodo di calcolo della durata di lavoro deve essere adeguato (v. allegato metodologico). Il principale adattamento consiste nell'escludere dai calcoli le persone assenti tutta la settimana, cosa da cui risulta una durata di lavoro ben superiore. Calcolata in questo senso, la durata settimanale effettiva di lavoro dei dipendenti a tempo pieno in Svizzera nel 2023 ammontava a 42 ore e 33 minuti, portandola in testa rispetto ai Paesi dell'UE/AELS. La Finlandia (36 ore e 29 min.) e il Belgio (36 ore e 32 min.) hanno registrato la durata meno lunga. La durata media di ore lavorate nell'UE si attestava a 38 ore e 5 minuti.

Con 35 ore e 30 minuti la Svizzera, considerando l'insieme delle persone occupate, si colloca tuttavia tra i Paesi che nel 2023 avevano le durate di lavoro settimanali effettive minori, e questo a causa della forte proporzione di persone occupate a tempo parziale. La durata più lunga, con 39 ore e 48 minuti, è stata registrata in Grecia, mentre nei Paesi-Bassi è stata osservata quella più corta, con 30 ore e 33 minuti. La media dell'UE si attesta a 35 ore e 42 minuti.

Calcolando poi il rapporto tra il volume totale di ore lavorate alla settimana e il totale della popolazione di 15 anni e più, la Svizzera (23 ore e 1 min.) si colloca di nuovo tra i Paesi che presentano le durate settimanali effettive di lavoro maggiori. Questo dipende dall'elevata quota di persone che partecipano al mercato del lavoro svizzero. La durata più lunga e quella più breve sono state rilevate rispettivamente in Islanda (25 ore e 31 min.) e in Italia (16 ore e 34 min). La media dell'UE si attesta a 19 ore e 26 minuti.

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Rilevazione sulle forze di lavoro in Svizzera 2023: Quasi la metà del personale dipendente ha orari di lavoro flessibili

Nel 2023, il 47,7% del personale dipendente beneficiava di orari di lavoro flessibili e quasi due dipendenti su cinque lavoravano da casa almeno occasionalmente. Il 26,5% delle persone occupate lavorava regolarmente di sabato, mentre il lavoro notturno era molto meno diffuso (5,6%). I contratti a durata determinata riguardavano l'8,6% del personale dipendente e la quota di lavoro su chiamata si attestava a un livello simile (8,3%). Per gli aspetti summenzionati si osservano grandi differenze tra i diversi rami economici e anche a seconda del sesso e dell'età. È quanto emerge dai risultati della rilevazione sulle forze di lavoro in Svizzera (RIFOS) realizzata dall'Ufficio federale di statistica (UST).

Nel 2023, il 47,7% del personale dipendente aveva orari di lavoro flessibili (orario settimanale o mensile con o senza blocchi orari, orario annuale [calcolato sull'arco dell'anno], orario non sottoposto ad alcuna disposizione formale o altro modello). Gli uomini (51,8%) beneficiavano più spesso di orari di lavoro flessibili rispetto alle donne (43,3%). Osservando i vari rami economici si nota che gli orari di lavoro flessibili sono distribuiti in modo molto eterogeneo. I rami dove tali orari erano più diffusi (ne beneficiavano infatti circa i tre quarti del personale) sono i seguenti: «Servizi di informazione e comunicazione» (77,3%), «Attività finanziarie e assicurative» (75,3%) e «Attività professionali, scientifiche e tecniche» (73,0%). 

La metà del personale nel ramo dei servizi di alloggio e ristorazione lavorava regolarmente di sera

Nel 2023, il 16,4% delle persone occupate lavorava regolarmente di sera e le donne lo facevano più spesso degli uomini (il 17,2 contro il 15,7%). I giovani dai 15 ai 24 anni presentavano la quota di lavoro serale più alta (21,5%), mentre nelle altre fasce di età le quote oscillavano tra il 15 e il 17%. Il ramo «Servizi di alloggio e di ristorazione» era quello dove il lavoro serale era più diffuso (49,8%), seguito dal ramo «Trasporto e magazzinaggio» (30,7%). Nel ramo «Costruzioni», invece, solo il 4,3% del personale lavorava regolarmente di sera.

Lavoro regolare di notte maggiormente diffuso nel ramo «Trasporto e magazzinaggio»

Nel complesso, una persona occupata su venti lavorava regolarmente di notte. A differenza del lavoro serale, quello notturno è praticato con una frequenza leggermente superiore dagli uomini (6,1%) che dalle donne (5,0%). Una quota relativamente alta di lavoro notturno su base regolare si riscontra nel ramo «Trasporto e magazzinaggio» (22,0%), seguito dal ramo «Sanità e assistenza sociale (12,0%). 

Un quarto delle persone occupate lavorava regolarmente nel fine settimana

Il 26,5% delle persone occupate lavorava regolarmente il sabato e il 15,8% la domenica. Le donne lavoravano nel fine settimana più spesso degli uomini (sabato: risp. il 29,6 contro il 23,8%; domenica: risp. il 17,4 contro il 14,5%). Osservando le diverse fasce di età, si nota che a presentare la quota più alta di lavoro nel fine settimana erano le persone dai 15 ai 24 anni (sabato: 35,1%; domenica: 21,1%) e quelle di 65 anni e più (sabato: 33,9%; domenica: 20,7%). Per le persone dai 25 ai 64 anni, le quote andavano dal 25 al 28% per il lavoro di sabato e dal 15 al 17% per quello di domenica. Quote notevoli di lavoro nel fine settimana sono state riscontrate sia nel ramo «Servizi di alloggio e di ristorazione» (sabato: 70,2%; domenica: 51,3%) che nel ramo «Agricoltura, silvicoltura e pesca» (sabato: 68,4%; domenica: 52,1%). 

Lavoro su chiamata per un quarto delle persone in età di pensionamento

Nel 2023, l'8,3% del personale dipendente lavorava su chiamata (uomini: 6,7%; donne: 9,9%). Questa forma di lavoro era particolarmente diffusa tra le persone in età di pensionamento (25,4%), ma anche tra quelle dai 15 ai 24 anni, che infatti presentano una quota di lavoro su chiamata significativamente superiore alla media (16,1%). Per il personale appartenente alle fasce di età intermedie, il lavoro su chiamata si attestava intorno al 7%. I rami economici che presentavano le quote maggiori di lavoro su chiamata sono «Servizi di alloggio e di ristorazione» con il 19,5%, e «Altre attività di servizi» (attività artistiche, di intrattenimento, attività di famiglie e convivenze, altre attività di servizi) con il 14,7%. 

Lavoro da casa molto diffuso nel ramo «Servizi di informazione e comunicazione»

Quasi due dipendenti su cinque lavoravano da casa almeno occasionalmente (38,4%). Questo vale per qualsiasi attività lavorativa svolta dal proprio domicilio, indipendentemente dal fatto che si tratti di telelavoro (utilizzo di Internet per scambiare informazioni con il datore di lavoro) o meno. Il lavoro da casa era particolarmente diffuso nel ramo dei servizi di informazione e comunicazione, dove infatti lo praticava l'82,9% del personale dipendente. Anche i rami «Attività finanziarie e assicurative» e «Istruzione» presentavano quote di lavoro da casa superiori alla media (risp. il 73,3 e il 63,3%). 

Istruzione: un quarto dei contratti sono a durata determinata

Nel 2023, l'8,6% del personale dipendente è stato assunto con un contratto a durata determinata (CDD), le donne (9,4%) con una frequenza superiore rispetto agli uomini (7,8%). Dal punto di vista dell'età, la fascia con la quota più alta di CDD (25,0%) è quella delle persone dai 15 ai 24 anni. Anche le persone di 65 anni e più ne presentano una quota superiore alla media (17,2%). Dal punto di vista dei rami economici, a presentare la quota maggiore di CDD è il ramo «Istruzione» (24,3%).

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