Ticino, sì al congedo parentale

Il Gran Consiglio ha approvato la proposta 43 voti contro 37: sarà di due settiman.

Il Ticino avrà il suo congedo parentale di due settimane. Al secondo voto sul tema - il primo era finito, all'ultima sessione, in parità - il gran Consiglio ha detto sì - 43 voti contro 37 - alla proposta di compromesso contenuta nel rapporto di minoranza di Nadia Ghisolfi, del PPD.

Rapporto sull’iniziativa parlamentare di Raoul Ghisletta, del Ps, che proponeva di aumentare di sei settimane il congedo maternità previsto a livello federale. Sei settimane a carico del Cantone. Una proposta ritenuta dalla maggioranza del parlamento eccessiva e anacronistica, visto che la cura dei figli non spetta solo alla madre. Ecco perché sinistra e parte del centro hanno invece detto sì a un congedo parentale cantonale di due settimane.

Saperne di più -  u www.rsi.ch

 

Legge sulla parità dei sessi: un nuovo studio analizza la giurisprudenza del Tribunale federale

Il Tribunale federale ha accolto il 27 per cento dei ricorsi interposti in virtù della legge sulla parità dei sessi. Questo il risultato di uno studio commissionato dall’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo. Dallo studio emerge inoltre che due terzi dei casi giudicati avevano per oggetto la discriminazione salariale e che oltre la metà riguardavano professioni del settore sanitario o della formazione. Il rapporto raccomanda tra l’altro di agevolare l’accesso alla giustizia delle lavoratrici e dei lavoratori in caso di discriminazione nella vita professionale.

Lo studio analizza le 81 sentenze pronunciate dal Tribunale federale in virtù della legge sulla parità dei sessi tra il 2004 e il 2019. In due terzi dei casi si tratta di ricorsi per discriminazione salariale, il 40 per cento dei quali accolti. I ricorsi per molestie sessuali sono stati accolti nel 29 per cento dei casi, quelli per licenziamento discriminatorio nel 7 per cento dei casi. Questo non significa però che in questi casi la parte salariata vinca anche la causa, perché spesso il Tribunale federale rinvia il caso all'autorità inferiore per una nuova decisione.

Oltre la metà dei casi sottoposti al Tribunale federale riguardavano professioni del settore sanitario o della formazione. Il 63 per cento delle sentenze aveva per oggetto rapporti di lavoro retti dal diritto pubblico. Lo studio non ha potuto stabilire con certezza se le persone che hanno un impiego retto dal diritto privato ricorrano meno al Tribunale federale perché temono maggiormente di perdere il posto. Dall'analisi emerge per altro che a rivolgersi all'Alta Corte sono soprattutto i privati - le organizzazioni esercitano con molta prudenza il proprio diritto di azione.

Lo studio commissionato dall'Ufficio federale per l'uguaglianza fra donna e uomo all'Università di Ginevra amplia le conoscenze sulla prassi giudiziaria relativa alla legge sulla parità dei sessi. Nel 2017 era già stata analizzata la giurisprudenza cantonale.

Lo studio formula una serie di raccomandazioni finalizzate a migliorare l'accesso alla giustizia in caso di discriminazione nella vita professionale, per esempio rafforzando il diritto di azione delle organizzazioni o riconsiderando l'opportunità di estendere l'alleviamento dell'onere della prova ai casi di molestie sessuali e discriminazione nelle assunzioni. Quest'estensione significherebbe che le o i ricorrenti non dovrebbero più dimostrare la discriminazione, ma soltanto renderla verosimile. Secondo lo studio andrebbe inoltre migliorata la formazione continua delle e dei giudici, delle avvocate e degli avvocati e dei membri delle autorità di conciliazione e rafforzata l'informazione del pubblico sulla legge sulla parità dei sessi.

La legge sulla parità dei sessi, entrata in vigore nel 1996, vieta la discriminazione di genere nella vita professionale. L'effettiva parità fra donna e uomo nel mondo del lavoro è di fondamentale importanza anche per il Consiglio federale e costituisce uno dei temi prioritari della strategia per la parità dei sessi che si prevede di adottare quest'anno.

Saperne di più
Scarica lo studio

Forte aumento della partecipazione al mercato del lavoro e del livello di qualificazione delle donne tra il 2010 e il 2019

Tra il 2010 e il 2019, passando dal 56,9% al 60,0%, il tasso di donne occupate ha segnato un net-to aumento, particolarmente marcato tra quelle dai 55 ai 64 anni nonché tra le madri con il figlio più giovane al di sotto dei 7 anni. Nel 2019, inoltre, il 50,1% delle donne occupate svolgeva una professione altamente qualificata (+8,8 punti percentuali rispetto al 2010). Anche in Europa (UE/AELS) si osserva una tendenza verso una quota più alta di donne altamente qualificate. Que-sti sono alcuni dei risultati della pubblicazione dedicata alla partecipazione femminile al merca-to del lavoro 2010–2019 (disponibile in tedesco e francese), realizzata dall’Ufficio federale di statistica (UST).

In Svizzera, con l’aumento di oltre tre punti percentuali tra il 2010 e il 2019, il tasso di donne occupate di 15 e più anni ha raggiunto per la prima volta il 60%. Un incremento superiore alla media è stato osservato per quelle di età compresa tra 55 e 64 anni (+9,6 punti percentuali, arrivando al 66,6%) e quelle tra 25 e 39 anni (+6,3 punti percentuali, arrivando all’83,5%). Ha segnato un netto aumento anche il tasso di persone occupate tra le madri il cui figlio più giovane ha meno di 7 anni (+10,3 punti percentuali, passato al 74,8%) e tra quelle il cui figlio più giovane ha tra i 7 e i 14 anni (+4,8 punti percentuali, passato all’81,7%). 

In Europa, la Svizzera si colloca al secondo posto in termini di tasso di donne occupate

In Europa (UE/AELS) il tasso di persone occupate più alto per le donne tra 15 e 64 anni si riscontra in Islanda (81,9%). Al secondo posto si colloca la Svizzera con un tasso del 76,3%, nettamente superiore a quello della media europea (UE-28: 64,1%). Tra i Paesi confinanti, in Germania (72,8%) e in Austria (69,2%) il tasso di donne occupate è similmente alto, mentre in Italia si situa invece al penultimo posto (50,1%). In Francia, nel 2019 questa quota ammontava al 62,4%. 

Nettamente più donne occupate altamente qualificate

Nel lasso di tempo in esame, la quota di donne altamente qualificate occupate in Svizzera è aumentata di 8,8 punti percentuali, passando al 50,1%. Conformemente alla Classificazione internazionale tipo delle professioni (CITP 08), sono considerate altamente qualificate le seguenti categorie professionali principali: dirigenti, professioni intellettuali e scientifiche; professioni tecniche intermedie. In Europa, in media, le donne che esercitano professioni altamente qualificate sono leggermente meno numerose, seppure se ne osservi anche qui un aumento (+3,4 punti percentuali, quota passata al 45,2%). In Lussemburgo e in Svezia, la percentuale di donne occupate altamente qualificate è nettamente superiore a quella riscontrata in Svizzera (2019: risp. 63,9 e 58,6%). 

Aumento del grado di occupazione medio delle donne occupate a tempo parziale

Il grado di occupazione medio delle donne occupate a tempo parziale è passato dal 46 al 49% tra il 2010 e il 2019 e tale aumento è da ricondurre principalmente all’incremento della quota dei gradi di occupazione tra il 70 e l’89% (+2,7 punti percentuali, passata al 16,2% delle donne occupate). Per contro, la quota dei gradi di occupazione al di sotto del 20% è sceso leggermente (–0,7 punti percentuali, al 5,3% delle donne occupate). 

Anche per quanto riguarda l’occupazione a tempo parziale, la Svizzera si colloca al secondo posto rispetto a tutti i Paesi dell’UE/AELS. Nel 2019, il 62,7% delle donne in Svizzera lavorava a tempo parziale. Questa percentuale è più alta solo nei Paesi Bassi (75,5%). In tutta Europa, nel 2019, quasi un terzo delle donne occupate lavorava a un grado di occupazione ridotto.

In Svizzera la plurioccupazione è due volte più diffusa che nell’UE/AELS

In Svizzera, nel 2019 il 10,7% delle donne occupate (apprendiste escluse) aveva diversi posti di lavoro (2010: 9,0%). Nell’UE-28, la plurioccupazione è in media quasi la metà (4,5% incluse le apprendiste). Le percentuali più alte di donne plurioccupate sono state rilevate in Islanda (11,4%), mentre la Svizzera si colloca al secondo posto (10,4%). 

Forte crescita delle donne nel ramo «Sanità e assistenza sociale»

Nel 2019, la maggior parte delle donne lavorava nel settore «Sanità e assistenza sociale». Tra il 2010 e il 2019, questo ramo economico ha anche registrato l’incremento maggiore (+2,8 punti percentuali, quota passata al 23,7%). Al secondo posto si colloca il ramo economico «Commercio e riparazioni», che però ha subito il calo più netto (–2,8 punti percentuali, quota passata al 12,9%). In calo anche la quota di donne occupate nel ramo «Servizi di alloggio e ristorazione» (2010: 5,8%; 2019: 4,7%).

Saperne di più

Prescrizioni sulla rappresentanza delle comunità linguistiche e dei sessi negli organi direttivi superiori di imprese e istituti parastatali

Il Consiglio federale si adopera per un’equa rappresentanza delle comunità linguistiche e dei sessi negli organi direttivi superiori di imprese e istituti parastatali. Nella sua seduta del 25 novembre 2020 ha stabilito a tal fine nuove prescrizioni che entreranno in vigore il 1° gennaio 2021.

Il Consiglio federale intende provvedere affinché le comunità linguistiche e i sessi siano rappresentati in modo equo negli organi direttivi superiori di imprese e istituti parastatali. A tale scopo ha riesaminato la regolamentazione vigente e, nella sua seduta del 25 novembre 2020, ha deciso di rinnovare le sue prescrizioni applicabili agli organi direttivi superiori di cui all’articolo 2 capoverso 2 dell’ordinanza sulla retribuzione dei quadri. Il rapporto del Consiglio federale sulla retribuzione dei quadri all’attenzione della Delegazione delle finanze delle Camere federali ne illustra annualmente l’evoluzione.

Gli attuali valori di riferimento per la rappresentanza delle comunità linguistiche corrispondono ai risultati della rilevazione strutturale del censimento federale della popolazione del 2010. Negli ultimi dieci anni la ripartizione delle lingue nazionali nella popolazione residente permanente in Svizzera è cambiata. Per questo motivo, dal 1° gennaio 2021 i valori di riferimento saranno adeguati come segue (tra parentesi figurano i valori di riferimento attuali): tedesco 62,2 per cento (65,5%); francese 22,9 per cento (22,8%); italiano 8,0 per cento (8,4%) e romancio 0,5 per cento (0,6%).

Per la rappresentanza di entrambi i sessi l’obiettivo del 30 per cento è stato ora aumentato al 40 per cento. La quota applicabile alle imprese e agli istituti parastatali è quindi superiore a quella prevista per le imprese quotate in borsa (quota: 30%). Le imprese e gli istituti parastatali dovranno raggiungere questa quota minima al più tardi entro la fine del 2023. Nel sottoporre le proposte per l’elezione di un nuovo membro negli organi direttivi superiori, i Dipartimenti sono tenuti a commentare eventuali scostamenti dai valori di riferimento e dalla quota posta come obiettivo.

Saperne di più

Conciliabilità tra lavoro e famiglia in Svizzera

La Svizzera rientra tra i Paesi europei con una flessibilità relativamente grande nei confronti dei dipendenti che si assumono compiti di custodia e assistenza. In linea di principio il 70% può spostare con breve preavviso l’inizio e la fine dell’orario di lavoro per ragioni famigliari e il 53% può prendersi giorni interi liberi senza dover attingere dalle ferie. Quale maggiore ostacolo alla conciliabilità tra lavoro e famiglia vengono indicati principalmente gli orari di lavoro lunghi o poco adatti e il tragitto lungo per recarsi al lavoro. Questi sono alcuni dei risultati tratti dalla pubblicazione dedicata alla conciliabilità tra lavoro e famiglia in Svizzera e nel confronto europeo nel 2018 dell’Ufficio federale di statistica (UST).

Nel 2018 in Svizzera circa il 36% della popolazione residente permanente da 18 a 64 anni svolgeva regolarmente almeno un compito di custodia o assistenza: il 26,6% di bambini sotto i 15 anni, il 6,6% di bambini sopra i 15 anni o di altri famigliari adulti bisognosi di cura e assistenza e il 2,3% si è assunto entrambi i tipi di custodia e assistenza. Ciò corrisponde nel complesso a 1,9 milioni di persone. La grande maggioranza di loro è attiva professionalmente (il 96% degli uomini e l’80% delle donne). Questi risultati si basano sul modulo «Conciliabilità tra lavoro e famiglia» della Rilevazione sulle forze di lavoro in Svizzera del 2018, coordinato su scala europea.

Grande flessibilità lavorativa per ragioni famigliari a favore dei dipendenti in Svizzera 

Rispetto ai Paesi dell’UE28/AELS e in particolare ai Paesi limitrofi, la Svizzera è messa bene per quanto riguarda la flessibilità sul lavoro concessa alle persone che assumono compiti di custodia e assistenza. In linea di principio, il 70% dei dipendenti può spostare con breve preavviso l’inizio e la fine dell’orario di lavoro per ragioni famigliari (uomini: 74%, donne: 64%) e il 53% può prendere libero delle giornate intere senza dover attingere dalle ferie (donne: 57%, uomini: 49%). Nei Paesi vicini tali quote per entrambe le forme di flessibilità del lavoro a favore dei dipendenti sono nettamente inferiori. Per l’Austria le quote corrispondenti si situano rispettivamente al 49 e 38%, per la Germania rispettivamente al 38 e 34%, per l’Italia al 35 e 33% e per la Francia al 32 e 21%. 

Riduzione dell’orario di lavoro: ripercussione più frequente per le donne che assumono la custodia dei bambini 

La riduzione dell’orario di lavoro quale principale ripercussione sull’attuale attività professionale dovuta alla custodia dei bambini è più fortemente marcata per le donne in Austria (39%) e in Svizzera (38%) rispetto a quelle degli altri Paesi dell’UE28/AELS. In Germania tale quota ammonta al 27% e in Italia al 24%. In Francia, dove il lavoro a tempo parziale femminile è nettamente meno diffuso rispetto agli altri Paesi vicini, la quota è pari al 14%. 

Francia e Svizzera: molte persone occupate citano almeno un ostacolo alla conciliabilità 

In Francia (con il 63% delle donne e il 60% degli uomini) e in Svizzera (con il 61% delle donne e il 65% degli uomini) si annovera il maggior numero di persone occupate, le quali assumono compiti di custodia e assistenza, che hanno citato almeno un ostacolo importante alla conciliabilità tra lavoro e famiglia. In questi due Paesi, oltre la metà delle donne e degli uomini occupati ritiene che quello più importante sia uno degli ostacoli seguenti: orari di lavoro lunghi, orari imprevedibili o poco adatti, tragitto lungo per recarsi al lavoro, lavoro troppo esigente o faticoso. Nella maggior parte dei Paesi UE28/AELS una netta maggioranza non vede alcun ostacolo alla conciliabilità tra vita lavorativa e famigliare. 

Lunghe interruzioni dell’attività professionale per oltre un quarto delle donne in Svizzera e in Austria

Tra le donne che hanno indicato di aver interrotto l’attività professionale, lo hanno fatto per complessivamente oltre cinque anni il 35% di donne in Slovacchia, il 33% in Ungheria e il 30% in Cechia. Anche in Svizzera e in Austria questa quota è considerevole (28%). In Germania tale quota si situa al 22%, in Francia al 10% e in Italia a il 7%.

Al contrario, la grande maggioranza di donne che hanno interrotto l’attività professionale per un pe-riodo piuttosto breve, non superiore ai 12 mesi, si osserva in Portogallo (89%), a Cipro (88%), in Belgio (75%), a Malta (74%) e in Spagna (72%). In Svizzera il 42% delle donne ha fatto un’interruzione di non oltre 12 mesi, in Austria è stato l’11%, in Germania il 29%, in Francia il 59% e in Italia il 69%.

Saperne di più

Newsletter


Iscriviti alla nostra newsletter trimestrale per essere sempre aggiornato sulle novità, le pubblicazioni e gli eventi relativi alla politica familiare.
Archivio

Inviando il modulo confermo di aver letto e accettato le condizioni espresse nella Privacy policy.